venerdì 8 ottobre 2010

De Benedetti, Google e i tassisti

Siete in una città che non conoscete, prendete un taxi e chiedete al conducente se ha un ristorante da suggerirvi. Il tassista vi fa delle domande per capire i vostri gusti, il budget e il tipo di locale che desiderate.
Una volta individuate le vostre necessità, venite portati davanti al ristorante, pagate la corsa ed entrate nel locale; tutto ad un tratto il gestore del ristorante esce e si mette a rincorrere il taxi, imprecando.
Voi naturalmente siete sbalorditi e chiedete delucidazioni all'inseguitore, il quale vi spiega che è stufo che i tassisti portino clienti al suo locale senza che lui abbia un guadagno da tutto ciò.

Surreale come storia vero?  Mi è venuta in mente leggendo questo articolo su Repubblica, in cui si legge:
De Benedetti ha detto di provare "grande ammirazione e invidia per chi possiede Google. Ma", ha valutato, "il motore di ricerca non può vivere da parassita. Google", ha spiegato De Benedetti, "raccoglie 400 milioni di pubblicità senza fornire alcun prodotto, ma veicolando i nostri contenuti". Insomma, ha proseguito, "non può continuare a trarre un profitto colossale dai nostri contenuti, è assurdo e non esiste".
Chiamiamo un taxi?

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