mercoledì 17 novembre 2010

Io non sono Paola, non sono un gadget, ma qualcosa pur sono

I won't pay, I won't pay ya, no way
now now Why don't you get a job
Say no way, say no way ya, no way
now now Why don't you get a job
Why don't you get a job, Offspring

Io non volevo parlare di questo libro, o meglio: io volevo parlare di questo libro quando quel giorno in Feltrinelli un dito puntato verso di me diceva: "Tu non sei un gadget". Appena visto ho pensato che quello fosse un libro da leggere e da farci un post, e magari anche il sugo quando viene Natale. Poi l'ho letto (perché se mi impegno a fare una cosa seria non la faccio, ma le cazzate sì) e ho maledetto il fatto di non avere un caminetto, altrimenti avrei fatto come Pepe Carvalho e avrei utilizzato il libro per accendere il fuoco.

Il libro è scritto da Jaron Lanier che non è sicuramente un pirla, ma non è certo detto che se uno è un guru nel programmare possa per forza essere un "guru e basta" e insegnarci qualche cosa, ma che cosa?
Quindi, come già detto, ho deciso di non scrivere nulla riguardo a questo libro, ma, come spesso succede, quando prendo una decisione ferma e precisa, capita sempre qualche cosa che mi fa cambiare idea, e così leggo in questo post la seguente frase:
Conclusioni quella di Paola Caruso è una splendida parabola dell’uso disumanizzante che propone la Mente Alveare in cui ci operiamo, il caro vecchio Tecnonucleo.
Noooooooooo! Cazzo! Mente Alveare vi rendete conto? Mente Alveare, il termine usato dal rasta-dotato fautore del libro salvato dal caminetto.

Però io non voglio parlare del libro, e allora mi metto a parlare di Paola Caruso, a dir la verità non vorrei parlare nemmeno di lei, perché non vorrei mai parlare di una persona che lavora per 7 anni in una situazione di precariato e non vorrei mai parlare di una persona che fa lo sciopero della fame (pratica sputtanata dal bianco-codin-dotato radicale) e, in generale, non vorrei mai parlare di cose brutte e tristi.

E' vero: io non sono Paola, anche perché se proprio dovessi darmi una nome da donna ne sceglierei uno più da zoccola, e non ho nemmeno fatto il precario nella mia vita, ma per due anni sono stato uno di quelli che ai tempi si chiamavano Co.co.co, quelli che io soprannominavo le galline senza le uova d'oro.
A quei tempi non si usava mica internet per cercare lavoro (niente Mente Alveare) ma si rispondeva agli annunci, quelli che leggevi sull'inserto dedicato del Corriere della Sera, dove giornalisti con un posto più che fisso, pagati anche grazie ai soldi dei contribuenti, esaltavano la nuova flessibilità del mondo del lavoro, decantandone tutti i pregi.

Ma non voglio parlare della mia vita lavorativa, non voglio parlare neanche di Paola e, tanto meno, parlare del libro, dei gadget e della Mente Alvera, però una cosa la voglio dire: ma vaffanculo a voi e alla flessibilità!

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