martedì 15 giugno 2010

Elogio del divanetto

Quando ti svegli al mattino pieno di dolori, perché hai passato la notte a pogare come facevi quando avevi vent'anni, il cervello cerca di rilasciare endorfine per alleviare il dolore ricordandoti che belli erano gli anni tra le fine degli '80 e l'inizio dei '90. Chiariamoci subito: non hanno nulla in più degli anni in cui viviamo oggi, e neanche nulla in più di quelli che li hanno proceduti, semplicemente erano gli anni in cui avevo tra i sedici e i vent'anni.

Tra le cose di quei anni di cui sento più la mancanza ci sono sicuramente i divanetti delle discoteche. Verso la fine del millennio erano già in via d'estinzione ma adesso sono completamente spariti dai locali, relegati nei privè delle discoteche dove paghi una bottiglia di liquore mediocre come una di champagne millesimato o in quei localacci dove si infilano finti dollari nelle mutandine delle ragazze.
Del resto, per i locali, il divanetto è controproducente, troppa gente ci si addormentava sopra, si riposava o ci portava l'ultima "preda" per scambiarsi effusioni d'amore; meglio tenere la gente in piedi e spingerla a recarsi al bar per consumare l'ennesimo drink.

Mi ricordo ancora la gioia quando riuscivi a convincere una ragazza a sedersi sui divanetti con te, ti avviavi alla ricerca del posto libero passando con aria trionfale davanti ai tuoi amici, ancora impegnati a fare gli scimpanzè in pista.
Inutile girarci intorno, una volta che eri riuscito a far sedere una donzella con te dovevi solo fare le 6 o 7 domande di rito e poi partire all'attacco, nel remotissimo caso in cui non ci fosse "stata" avresti detto ai tuoi amici che, probabilmente, era lesbica.

Il ritorno in auto dopo la "serata sul divanetto" era solitamente taciturno, gli amici pensavano tu fossi già innamorato mentre il vero motivo per cui non parlavi era il forte dolore alle palle, in testa avevi un film porno dove tu eri regista ed attore e non vedevi l'ora di arrivare a casa per sfogarti.
Ma non sempre stavi zitto per questo motivo, alcune volte capitava che, avendo passato quasi due ore sul divanetto senza bere e con gli ormoni in circolo per tutto il corpo che facevano il loro mestiere, la sbronza si attenuasse e, complice la discoteca illuminata a giorno per cacciare via gli ultimi avventori, ti accorgevi del vero aspetto della fanciulla con cui avevi passato le ultime due ore.

Il silenzio era per quello, per la vergogna.

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